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 Giocattoli Incredibili
Autore: _Sibyl_ 
Data:   27-12-04 13:18

Giocattoli incredibili

Nel Guangdong si producono tre quarti dei giocattoli di tutto il mondo. Salario: tra 40 e 70 euro al mese

Internazionale 570, 16 dicembre 2004

Chi sono davvero Gli incredibili di questi giorni? Ciampi, il presidente buono che ripudia la guerra ma anche l'embargo delle armi italiane alla dittatura cinese? O Fini, il primo fascista che si batte per vendere armi al più grande stato comunista?

Forse però i più incredibili di tutti sono proprio i manager della Disney. Per forza che Disneyland in Francia va male. Cosa volete che combinino quei fannulloni dei dipendenti in 35 ore alla settimana? Nella "vecchia Europa", un'oretta qua, una là, si batte la fiacca. In Cina invece sì che si lavora. Presto 35 ore al giorno, altro che alla settimana!

Per fortuna di Paperone, a risollevare le finanze della Disney ci pensano le laboriose Paperine del Guangdong, la regione della Cina dove si producono tre quarti dei giocattoli del pianeta. Per fabbricare giocattoli Disney le operaie cinesi nei mesi di punta arrivano a fare 214 ore al mese di straordinari, oltre alle ore di base. È così che la Banda Bassotti di Burbank, California, si aggiudica la maglia nera mondiale nello sfruttamento del lavoro femminile cinese.

È stata la televisione svizzera a render noto questo primato nella sua più importante trasmissione sui consumi, Á bon entendeur, sul primo canale in francese, alle 20.10 del 30 novembre. Allora che fare? Smettere di comprare Disney per comprare, che so, Mattel? Disney è all'ultimo posto di una lista di sei colossi dei giocattoli, in cui anche il meno peggio non brilla.

La ricerca è stata organizzata da 25 organizzazioni di consumatori riunite nella Icrt (International consumer research & testing) e svolta intervistando in otto mesi centinaia di operaie di sei fabbriche concessionarie. Risultato: "In nessuna delle aziende analizzate i salari permettono di vivere decentemente tutto l'anno; le protezioni contro il calore, il rumore, le sostanze tossiche e gli incidenti sono sistematicamente trascurate; nessuna delle marche esaminate può quindi vantarsi di garantire condizioni di lavoro soddisfacenti nelle fabbriche che producono per essa".

Racconta la tv svizzera "cominciando dal meno peggio":

1) Lego, Danimarca, numero quattro mondiale del giocattolo. Solo il 10 per cento dei suoi prodotti sono fatti in Cina. Tra le aziende esaminate è l'unica che concede un congedo di maternità. Inoltre garantisce un giorno e mezzo di riposo settimanale e la libertà di dare le dimissioni senza pagare penali. In periodi di alta produzione le ore straordinarie raggiungono le 55 al mese. Trasparenza: sembra fare sforzi per rispettare le regole e accetta che la verifica del suo codice di condotta sia fatta da fonti indipendenti.

2) Mattel, California, numero uno mondiale. Prodotto principale: bambola Barbie. 120mila persone lavorano per lei in Cina. Propone i contratti di lavoro più stabili del settore, uno-due anni, contro i tre mesi medi dei concorrenti. Il giorno di riposo settimanale è rispettato. Le operaie che si dimettono perdono 20 giorni di salario. Orari: 10-12 ore in alta stagione, con straordinari che arrivano a 112 ore al mese. Accetta una verifica indipendente del codice di condotta, ma ordina alle operaie di rispondere con prudenza alle inchieste esterne.

3) Bandai, Giappone, numero tre mondiale. Prodotti principali: Tamagochi e Power Rangers. A pari merito con Mattel. Metà della produzione è in Cina (45mila persone). In alta stagione il giorno di riposo da settimanale diventa mensile e gli straordinari arrivano a 123 ore al mese. Il salario si paga con un mese di ritardo. Trasparenza: le operaie non conoscono il codice di condotta, l'azienda detta le risposte da dare ai controllori esterni.

4) Mga Entertainment, California. Prodotto principale: bambola Bratz.Tutte le Bratz sono fatte in Cina. Il giorno di riposo settimanale è rispettato. I contratti sono corti e gli orari demenziali: in alta stagione le giornate sono di 10-13 ore, più 149 ore straordinarie mensili obbligatorie. È la meno trasparente delle sei aziende: non ha un codice di condotta.

5) Hasbro, Stati Uniti, numero due mondiale. Prodotto: Action Man.Il dipendente che si dimette perde l'ultimo mese di stipendio e la cauzione che ha dovuto depositare all'assunzione (5 euro, al cambio); 157 ore di straordinari mensili in alta stagione. L'azienda detta ai dipendenti le risposte da dare ai controllori indipendenti.

6) Disney, Stati Uniti, California. Prodotto: personaggi in pelouches. Durata del contratto: un anno. Chi si dimette perde un mese di stipendio. In alta stagione il giorno di riposo settimanale non è rispettato e gli straordinari arrivano al record di 214 ore mensili. In caso di controlli indipendenti l'azienda detta le risposte ai dipendenti e ha due bollettini-paga, uno per la fabbrica, uno per i controlli.

Il Guangdong, dove si trovano le sei fabbriche esaminate, è la provincia industriale intorno a Shenzhen. Oltre ai giocattoli si producono qui due terzi delle scarpe e la metà dei telefonini, degli orologi e delle macchine fotografiche del mondo. Da giugno a ottobre in quattromila fabbriche si producono tre quarti dei giocattoli di tutto l'anno. Stipendio, al cambio ufficiale: 40-70 euro al mese.




 Re: Giocattoli Incredibili
Autore: VerdePino 
Data:   28-12-04 20:10

se poi pensate che questo manderà sulla strada migliaia di operai italiani... aprire le frontiere alla cina è un crimine, oggi come oggi...:evil)


 Re: Giocattoli Incredibili
Autore: _Sibyl_ 
Data:   29-12-04 19:35

Le brutte sorprese degli ovetti kinder


PANKOTA (Romania) - Nell’ovetto colorato di Joana e Mariana e Krina, il Sol dell’Avvenire turbo-liberista ha messo una bella sorpresa: la proroga quotidiana del lavoro se arrivano ciascuna a montare mille pezzi al giorno. Minimo minimo: 900. Cosa vuol dire, che se non arrivano alla soglia vengono licenziate in tronco? "Ma no", risponde amabile la kapò: "Chi non ce la fa non viene mai buttata fuori: se ne va da sola".

Dovreste vederlo, il laboratorio da cui escono gli ovuli di plastica della Kinder Ferrero coi pinguini, le farfalline e le macchinine che piacciono tanto ai nostri piccini. Immaginatevi una grande fabbrica sgangherata e pericolante sulla strada che solca Pankota, un paese agricolo vicino a Timisoara ammazzato da piani quinquennali capaci di far morire le vigne e rendere sterili i conigli.

Immaginate: scrostate i muri, incrinate le piastrelle, spaccate un po’ di vetrate, buttate un mucchio di rifiuti nel cortile e salite al primo piano. Aprite una porta e sarete in una stanza dove decine di Joana, Mariana e Krina (i nomi sono inventati: non vorrei si licenziassero da sole) preparano gomito a gomito scatoloni di sfere da mettere negli ovetti di cioccolata. Nel loculo accanto, di due metri per due, riscaldate da una vetusta stufa a legna, lavorano in quattro, a cottimo, a ritmi da far spavento, manovrando certe macchinette punzonatrici che se ci lasci sotto un dito, addio. Contente? Ridono: "Tutto bene, paga buona, padroni gentili".

È questo il modello suggerito dagli industriali trevisani che verranno giù a celebrare l’inizio dell’anno produttivo a Timisoara? Per carità: competitività raggiunta. Alla grande.
Non c’è Cina, India o Gabon che ti offrano come la Romania gli spazi, le lusinghe fiscali, le operaie disposte a lavorare a cottimo in topaie come quella di Pankota per 170 mila lire italiane a un’ora di volo dal Nordest. Per non parlare del risvolto erotico, goduto perfino da una "missione umanitaria" piemontese chiusa con un interscambio culturale: noi dare voi medicinali, voi dare noi ciccette. Coi "missionari" che la sera facevano i bulli in trattoria: "Se non era una cosa umanitaria col tubo che mia moglie mi mollava...".

È bene però che gli italiani conoscano il prezzo che tutti noi paghiamo, in immagine, facendo la parte dei colonizzatori.
Certo, centinaia di imprenditori straordinari veneti, lombardi ed emiliani, costretti a portare qui una parte della produzione per mancanza da noi di terreni ed operai, rinunciano tutti i giorni ad approfittare fino in fondo della libertà totale di fissare stipendi e stabilire orari e licenziare gente.
E non c’è dubbio che, piuttosto che la fame o l’emigrazione sui gommoni, le campagne e le periferie romene vorrebbero dieci, cento, mille ruderi produttori di ovetti con sorpresa.

In cambio, però, stiamo spesso chiedendo troppo. Cominciano a esser troppi, per ambientalisti quali Dan Jonescu della facoltà di silvicoltura di Brasow, i cacciatori che vengono a togliersi sfizi in Italia proibitissimi quali la battuta all’oca (60 mila lire a capo: niente) o all’orso bruno dei Carpazi (da dieci a venti milioni: niente).

Troppi gli industriali che rilevano o fanno lavorare quali contoterzisti laboratori o stabilimenti conciari impegnati in lavorazioni che in Europa sono vietate. Troppi i nostri mediatori che rifilano bidoni sia agli italiani sia ai romeni. Troppi i pezzi d’arte "palesemente rubati nelle chiese o perfino nei cimiteri", come spiega un commerciante lombardo, che finiscono nelle vetrine dei nostri antiquari. Troppi gli alberi dello straordinario patrimonio boschivo, il polmone verde più ricco e vitale dell’Europa meridionale, abbattuti per rifornire le nostre gigantesche segherie e i nostri mobilifici.

Le foreste statali, spiega Nicolai Donita dell’università di Cluj, in qualche modo reggono all’abbattimento progettato.
I boschetti da pochi ettari restituiti ai vecchi proprietari dopo la caduta del comunismo, però, sono già stati in buona parte buttati giù. "Si metta al posto di un contadino che non ha niente se non dieci querce piantate dal nonno di suo nonno", spiega Tiberio Grunwald, un giovane italiano d’origine ungaro-romena che fa il consulente di cooperazione internazionale per l’Ag.fo.l e sta mettendo su il progetto "Marco Polo" voluto (anche per saltare i mediatori troppo spregiudicati) dalle Università di Padova e di Arad: "Si metta al suo posto: cosa direbbe se le offrissero venti volte il suo stipendio di un anno per i vecchi alberi dietro casa?".

Quattrocento mila ettari di bosco "privato" stanno via via finendo in trucioli e comò mentre le nostre segherie, come spiega Mario Moretti Polegato, "si lamentano perché anzi si taglia troppo poco".
E altri due milioni di ettari stanno per essere distribuiti con la privatizzazione prossima ventura. Auguri.
Chi glielo fa fare, agli imprenditori più aggressivi, di tornare in Italia? Troppe tasse, troppi verdi, troppe regole. Ciò che è più grave, però, è che i loro colleghi perbene (tanti) che vorrebbero sul serio poter continuare a produrre in modo competitivo nelle campagne estensi o nella valle del Sangro, nella piana di San Severo o sui colli udinesi, non sembrano avere oggi alcuna possibilità di farcela. Mettetevi al posto di un calzaturiero veneto e immaginate di voler portare operai di Timisoara di cui siete entusiasti in Italia a costo di pagarli 10 volte di più: impossibile.

Il nostro consolato a Bucarest, per cominciare, ignora il telefono come raccomandava una circolare di Gaspari: "Gli impiegati non sono tenuti a rispondere perché non è accettabile l’assunto secondo cui la richiesta di un colloquio con tale mezzo possa essere giustificata da ragioni di pubblico interesse. È evidente, infatti che il cittadino, ove abbia effettive ragioni da presentare, può disporre di strumenti ben più efficaci quali l’accesso diretto agli uffici competenti". Tutti lì, in coda.

Giorni di apertura del consolato: tre. Martedì, mercoledì e giovedì. Solo la mattina. Non bastasse questo e non bastasse la montagna incredibile di carte richieste (compresa la surreale prenotazione di un albergo da fare prima che sia fissata la data del visto!) un romeno deve fare una coda di un giorno intero, in piedi, nella calca (c’è chi compra un "segnaposto" umano per 50 dollari) per ricevere la data in cui gli è concesso di mettersi in coda un’altra volta per presentare i documenti. Un delirio che solo un burocrate pazzo può avere ideato.

Contemporaneamente, mentre quelli assediano a centinaia la nostra sede consolare o si rovesciano a Gorizia attraversando clandestinamente il confine, non solo Germania, Francia e Spagna ma perfino Portogallo e Grecia stanno portandosi via la crema romena: manager, programmatori, sistemisti, infermieri, ingegneri. Per non dire dell’aristocrazia operaia di cui il Nordest ha fame: tornitori, saldatori, specialisti vari. Tutti scelti, uno ad uno, con selezioni mirate fatte da équipe di lavoro in giro per la Romania sulla base di progetti chiari e definiti.

Come quello della Francia, che per risistemare i boschi dopo una serie di incendi catastrofici si è portata via 3.000 dei migliori forestali e giardinieri. O della Germania, che ogni tanto rastrella i più bravi programmatori elettronici offrendo loro l’alloggio e 100 mila marchi l’anno col patto che nessun altro della famiglia ("ci servono programmatori: solo loro") può lavorare.

Anche l’Ag.fo.l, dopo l’autodenuncia di un gruppo di case di riposo venete ("non troviamo personale: non possiamo garantire l’assistenza") ha presentato un progetto simile per portare in Italia alcune centinaia di infermieri. E per ridurre al minimo le grane burocratiche ha proposto un corso di laurea breve, da tenere qui in Romania, copiato riga per riga dal programma dell’Università di Padova. Pensate sia andato in porto? Ciao.

di Gian Antonio Stella, Corriere della Sera


 Re: Giocattoli Incredibili
Autore: Hamelin 
Data:   29-12-04 20:35

Il problema dell'emigrazione delle aziende è molto grave e complesso.
In Italia per le fabbriche non è possibile lavorare perché tutti sono laureati e vogliono fare dei lavori interessantissimi, le tasse sono talmente spaventose da far impallidire lo sfruttamento feudale nel Medioevo, i sindacati sono talmente minacciosi e agguerriti che se una persona fondamentale per un'industria sta a casa sei mesi dall'ufficio per gravissima malattia e, avendola beccata a pattinare sul ghiaccio, le fai notare che forse potrebbe farsi vedere un po' in azienda lo chiamano mobbing (esperienza personale, ve lo assicuro). Aggiungete a tutto questo le banche che sbranano all'istante chiunque traballi un pochino. Dunque, il sitema Italia vuole rovinare le aziende (e ci sta riuscendo benissimo, ne ho visti tantissimi saltare in aria con tutta la baracca per i motivi sopra illustrati) e le aziende si difendono nell'unico modo: andandosene dall'Italia. E già che lo fai, perché non andare in paesi come quelli dell'ex blocco sovietico dove i diritti dell'uomo e del lavoratore sono scritti su carta molto morbida per non irritare le zone intime al momento del loro vero uso? È la legge del più forte: le tasse, i sindacati e le banche in Italia mi hanno massacrato e io vado a massacrare chi non ha nessuno a proteggerlo.
Diagnosi triste, davvero cruda.
La cura secondo me? Se i paesi come la Romania da un lato cominciassero a trattare le persone come esseri umani e i paesi come l'Italia dall'altro lasciassero respirare un secondo chi vuole produrre qualcosa (dando, tra l'altro, lavoro a impiegati e operai) forse avremmo dei risultati per tutti.
Ma questo non succederà perché la Romania ci guadagna ad avere tanti begli euro dalle industrie straniere e l'Italia deve mantenere un'orda gigantesca di segretari, sottosegretari, commissioni e imboscati vari che divorano soldi senza cagare un solo risultato concreto; poi deve mantenere la Fiat che ogni due anni va in cassa integrazione e per far mangiare un gigante devi affamare cento uomini normali...

Triste, molto triste. Come sempre ognuno ha i suoi interessi da difendere e nessuno molla la presa. Salteremo mai fuori da questa situazione?
Non credo.


 Re: Giocattoli Incredibili
Autore: _Sibyl_ 
Data:   30-12-04 21:19

Secondo te noi, in quanto consumatori, non abbiamo il potere -seppur parziale e limitato- di poter influenzare le cose?

Ciao,

sibyl


 Re: Giocattoli Incredibili
Autore: Hamelin 
Data:   30-12-04 22:20

Temo proprio di no: noi consumatori e produttori (le due categorie coincidono) siamo sottoposti al sistema Italia e dobbiamo adeguarci per restare nella legalità; certo, potremmo boicottare tutti i giocattoli prodotti all'estero, ma non so che cosa otterremmo. Bisognerebbe boicottare cose come lo spreco nella pubblica amministrazione (vedi gli 11.000 forestali della Calabria) che causano la voragine divoratasse, sarebbe una soluzione molto migliore: la tassazione incide spaventosamente sul prezzo di produzione in Italia e l'enorme massa di contributi alza il costo del lavoro (e, inoltre, scoraggia l'assunzione di personale nelle aziende), è normale che le aziende per sopravvivere emigrino. È legge di mercato: se il fruttivendolo mi fa pagare le arance troppo per le mie tasche passo ad un fruttivendolo che me le fa pagare meno e se il costo del lavoro mi impedisce di mantenere un'azienda vado a produrre dove lo stato non mi vampirizza. E le considerazioni etiche passano inevitabilmente in secondo piano. Proibire l'emigrazione degli impianti di produzione? sarebbe una mossa per lo meno da stato dittatoriale... e inoltre sarebbe come ammettere le proprie colpe.
Ripeto, temo che nella situazione attuale non ci siano soluzioni in quanto il problema è legato a tematiche molto grandi.


 Re: Giocattoli Incredibili
Autore: VerdePino 
Data:   31-12-04 09:13

Condivido... ma mi permetto di fare una previsione: adesso siamo tutti esaltati e apriamo frontiere a destra e a manca, ma presto le chiuderemo, perchè ci renderemo conto (per chi non lo pensa già;) ) che è una gran boiata.
Per i vari sprechi amministrativi e soldi buttati al vento, io penso che una pezza ce la possa mettere il federalismo: i soldi amministrati per un ambiente piu' piccolo forse possono essere piu' controllati... e poi potremmo vedere gli effetti concreti delle tasse che paghiamo.
Dalla storia dovremmo aver imparato che piu' un impero è grande e vasto piu' è un casino da governare! Figuriamoci se non esistessero piu' frontiere economiche!!!!!:D :D


 Re: Giocattoli Incredibili
Autore: Hamelin 
Data:   31-12-04 13:17

Perfettamente d'accordo.


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